Aleph at Hallucinatory Mountain, Current 93: la nostra recensione

I Current 93, formazione creatura di David Tibet, hanno dato alle stampe il loro nuovo lavoro Aleph at Hallucinatory Mountain, lasciando da parte le loro divagazioni industrial di un ventennio fa, così come il folk apocalittico che per tanto tempo hanno mischiato alle loro apostasie religiose e al loro credo decadentista. In sé questo cambiamento non ci sorprende più di tanto, la band ha sempre seguito le innumerevoli modificazioni interiori del suo leader, compresi abbagli mistici e strani culti esoterici: da qui i continui cambi di generi, di attitudini e di musicisti che ha costellato l’intera carriera dei nostri.

Cambiamento dicevamo: allontanate le farraginose “non-sonorità” del periodo industriale, in cui la cacofonia inseguiva putride tematiche urbane, eliminate le incursioni folk a là Incredible String Band votati al male, Tibet ci spiazza con un disco molto più rock di quello che ci aspettavamo. Dopo Black Ships Ate the Sky, lento excursus proto-cristiano accompagnato da guests di grande rilievo come Antony e Bonnie “Prince” Billy, questo Aleph at Hallucinatory Mountain agisce nel solco della tematica mistico-apocalittica inserendo spruzzate di coriaceo rock ricco di overdrive, accompagnamenti orientaleggianti e placidi archi.

aleph at hallucinatory mountain

Aleph at Hallucinatory Mountain

La tensione è palpabile in tutto l’album e Tibet ne è sciamano ed ispiratore: cantato in inglese e copto, la narrazione è cruenta così come il susseguirsi delle tracce che, spesso, sono un unico continuum sonoro. L’armonia accompagna la voce maligna di Tibet tra sogni inquietanti, segni probatori di un’imminente fine del tutto e immagini marcescenti. La sua è una delirante predicazione davanti alla massa priva di credo: l’inizio della storia, non intesa come racconto narrativo ma come vita umana, è la violenza, l’omicidio e, lì torneremo dopo il nostro peregrinare sulla terra. L’apocalisse diviene un olocausto: le ritmiche bruciano infiammate dalla voce crepuscolare di Tibet, gli effetti posti in secondo piano rispettano il suo passato artistico al fianco dei Throbbing Gristle.

Spannung sonoro e narrativo è Aleph Is The Butterfly Net traccia melliflua, ricca di pathos e di veggenze: le chitarre accompagnano monotone inquietanti visioni prive di speranza di redenzione. Con la successiva Not Because The Fox Barks il cerchio si chiude: i riff taglienti come il coltello di Abramo che, questa volta sì, incidono la carne dell’innocente Isacco, si uniscono a cori mortiferi quanto viscerali. Il resto dell’album, seppur di livello piuttosto alto, sembra essere inciso per preparare l’ascoltatore a queste due gemme musicali: splendide sono sia l’apocalypse folk di UrShadow, che il delirio onirico di 26 April 2007.

In attesa della prossima reincarnazione di David Tibet ci godiamo questo Aleph At Hallucinatory Mountain lavoro inquieto e mai auto indulgente, carico di significati mistico-esoterici e di atmosfere post atomiche. Uno dei lavori più oscuri dell’ultimo decennio, certamente uno dei migliori di tutto il 2009.

Lista Tracce

  1. Invocation of Almost
  2. Poppyskins
  3. On Docetic Mountain
  4. 26 April 2007
  5. Aleph Is the Butterfly Net
  6. Not Because the Fox Barks
  7. UrShadow
  8. As Real as Rainbows

Etichetta: Coptic Cat, 2009

Clicca per valutare questo articolo!
[Totale: 1 Media: 5]